Clara Miccinelli e Carlo Animato
“NEROFUMO.
La doppia ombra del gesuita maledetto”
(Sperling & Kupfer editori;
pagg. 311; euro 12,50)
“Nell'afa dell'agosto romano del 1618 una zanzara
entrò nella Compagnia di Gesù...”, comincia così uno dei più avvincenti ed
intriganti romanzi che mi sia capitato di leggere in
questo, tutto sommato interessante per la narrativa italiana, anno domini 2003.
Un giallo storico che ha un nome originale (Nerofumo) e un
sottotitolo inquietante (La doppia ombra del gesuita maledetto).
Dopo un misterioso prologo lungo otto pagine, gli
autori introducono uno dei personaggi più importanti dell’intero volume, Padre
Juan de Mariana, anziano inquisitore gesuita spagnolo, un uomo giunto ormai ben
oltre la soglia della vecchiaia e che spesso, forse anche per la sua incapacità
di scendere a compromessi, si è trovato ai margini della Compagnia stessa. Di
lì a poco, in apparenza per caso, l’inquisitore incontrerà un altro
personaggio, Ruiruruna, che è l’asse portante del
romanzo stesso. Ruiruruna profugo andino, discendente
d’antica stirpe, a tratti umile e ossequioso nei
confronti della civiltà e religione spagnola, è, nel contempo, strenuo
difensore della libertà e della dignità del proprio popolo.
L’incontro tra i due avviene sul sepolcro del
terzo personaggio fondamentale della storia, Blas
Valera, gesuita anch’egli, frutto dell’unione violenta di un perverso
conquistador spagnolo e di una fanciulla di stirpe incaica e perciò mezzosangue: Blas,
mai completamente inserito nel mondo occidentale, anzi addirittura osteggiato e
perseguitato dalla Compagnia stessa e contemporaneamente mai totalmente
indigeno, sempre a metà tra i due mondi, in una sofferta altalena di sentimenti
e di conseguenti complicazioni psicologiche.
In un rutilante caleidoscopio d’eventi, la vicenda
prosegue con toni foschi, soprattutto per quanto riguarda alcune pagine di
storia, distorte da pseudostorici prezzolati dai
conquistadores, o addirittura mai arrivate a noi; però la verità, anche se a
costo di fatica e sangue, alla fine è sempre in grado di arrivare a chi ha
orecchie per intenderla, ma solo se ha la mente sgombra dai preconcetti.
Il finale, in un crescendo di colpi di scena, ci
dà la soluzione dell’intera vicenda, e gli amanti dei lieto
fine – dopo 300 pagine e più ad alta tensione – potrebbero
persino ritenersi soddisfatti e appaciati, eppure...
Eppure lo spazio per l’ottimismo dura
poche righe, in quanto l’epilogo è tutto sommato assai amaro, poiché l’umana
vigliaccheria ha spesso il sopravvento sulla verità.
Sullo spunto del ritrovamento dei preziosi
documenti inediti appartenuti a Blas Valera, Miccinelli e Animato
hanno costruito una vicenda basata su avvenimenti realmente accaduti e su
personaggi davvero esistiti, riuscendo grazie a quel materiale inedito, con
stile efficace e innegabile abilità, a riscrivere intere pagine di storia. I quipos peruviani,
cordicelle colorate e annodate dagli Incas,
straordinaria e singolare forma di “scrittura” sillabica, vengono
finalmente svelati come misconosciuta memoria storica di un’intera civiltà
vilipesa, oltraggiata ed infine distrutta dall’arroganza e dalla cupidigia dei conquistadores. Un genocidio dovuto soprattutto
all’ignoranza e alla superstizione che calpestò la cultura, le tradizioni,
l’anima stessa di un popolo, identificandole come demoniache
solo perché dissimili (ma non per questo peggiori) da quelle
occidentali, propugnate a colpi di spada e di croce dalla Chiesa e dalla Corona
in tutto l’orbe conosciuto.
Pasquale Antonio (Cicci) Serra