Dall'inserto culturale de "L'UNITÀ" del 16-4-96
Intervista allo scrittore Valerio Evangelisti. E' appena uscito il suo romanzo
fantascientifico e già si annuncia un successo travolgente. "E' la terza
rappresentazione di questo monaco inquisitore e negromante affascinato dal
potere. Il mio autore preferito? Il piacentino Curtoni"
Le diavolerie di Eymerich
CHI E'
E' in edicola "Il corpo e il sangue di Eymerich", terzo episodio della
fortunata saga fantagotica ideata da Valerio Evangelisti e data alle stampe
dalla Mondadori nella collana di fantascienza Urania. Il romanzo è, in parte,
ambientato ai tempi dell'inquisizione spagnola e si snoda attraverso differenti
epoche storiche. Il protagonista è Nicolas Eymerich, padre domenicano,
inquisitore e negromante, circondato in questa vicenda da un'insolita atmosfera
di malvagità e terrore.
Valerio Evangelisti, 43 anni, bolognese, è ormai un personaggio di culto.
Personalità schiva, vanta in tutta Italia decine di migliaia di fan. I suoi
romanzi precedenti "Nicolas Eymerich, inquisitore" e "Le catene di Eymerich"
(URANIA) sono stati due best-seller.
Allora Evangelisti, cominciamo col dire chi è Nicolas Eymerich e come definiresti
il genere di narrativa che caratterizza i tuoi romanzi. Come dire... è fantastoria,
fantagotico o una bella formula di successo?
Nicolas Eymerich è esistito davvero ed è stato inquisitore del regno di Aragona
nel XIV secolo. Nelle mie storie lo metto alle prese con misteri che proiettano
le loro conseguenze attraverso i secoli, fino al nostro presente o a un futuro
più o meno remoto. La soluzione dell'enigma è di solito di tipo scientifico, ma
a essa si accavalla un'altra soluzione, tratta dalla cultura medievale. Comunque
la definizione "fantagotico" mi sembra la più adeguata. Quanto al successo, che
ha sorpreso anche me, credo che dipenda dalla forte carica di suspense che cerco
d'introdurre nelle trame e dalla personalità che ho dato al mio personaggio:
altero, scostante, tormentato, crudele. Un eroe decisamente negativo che piace.
Ma perché in questo ultimo romanzo Eymerich appare più feroce del solito
Eymerich non è certo buono, ma nemmeno malvagio. Semplicemente è disposto a tutto
pur di ottenere la vittoria di quello che ritiene sia il bene. E il bene, per lui
si identifica con la chiesa intesa come puro potere e fattore di ordine sociale.
Tutto il resto, ai suoi occhi, appartiene al regno di Satana e va estirpato con
tutta la ferocia possibile. Come fa, appunto, in quest'ultimo romanzo, ispirato
alla lontana a "Red Harvest" di Dashiell Hammet. Aggiungo anche che mi sono
accorto, con una certa meraviglia, che i miei lettori si dividono in due: c'é chi
trova Eymerich agghiacciante e chi addirittura simpatico. Tutti, però, ne riconoscono
il fascino.
Per molti anni ha lavorato nell'ambito della ricerca universitaria, scrivendo
numerosi e importanti saggi di storia contemporanea. Poi, improvvisamente, hai
abbandonato quel lavoro e hai iniziato a scrivere fantascienza. Come mai?
E' stata l'università che non mi ha voluto! Quando ho visto che nei concorsi
la mia cospicua produzione non aveva alcun peso, e mi venivano anteposti
candidati che non avevano scritto quasi nulla ma che godevano di protezioni,
ho deciso di darci un taglio. A quel punto, ero libero di coltivare il sogno
che accarezzavo fin da bambino: diventare uno scrittore popolare. Attenzione:
non un grande scrittore, e nemmeno ricco e famoso, ma uno scrittore da bancarella,
da edicola della stazione. Qualcuno capace di proiettare la gente in mondi insoliti,
misteriosi o fantastici, magari solo per il tempo di un viaggio in treno o di una
sosta in albergo. La meta è ancora lontana, ma mi sono avvicinato parecchio.
Urania e le altre grandi case editrici di fantascienza hanno sempre scelto di
non pubblicare autori italiani. Secondo te, questo è avvenuto per colpa di una
certa miopia culturale o, più semplicemente, a causa della dura legge del mercato?
Vero. Da un certo momento in poi, gli editori hanno dato l'ostracismo agli autori
italiani, ma è anche vero che il pubblico mostrava di non gradirli troppo. Non
a caso: spesso la fantascienza italiana era troppo puerile o troppo pretenziosa,
e comunque poco attenta ai più elementari requisiti di leggibilità. Oggi
le cose sono cambiate parecchio, e il mio caso è lì a dimostrarlo. Va anche detto
che, a livello sociale, ciò che ha attinenza con la scienza gode di maggiore
considerazione che in passato, quando Croce e Gentile continuavano a dominare
la scuola e la cultura italiane.
Autori come Marcello Fois e Carlo Lucarelli sostengono che nei prossimi anni le
nuove tendenze letterarie del genere noir concorreranno a rinnovare il panorama
della letteratura italiana. Questo discorso può valere anche per la fantascienza
ed il fantastico?
Ne dubito. Oltre ad avere un minore numero di adepti, il genere fantastico gode
nel nostro paese di uno status culturale inferiore a quello del noir o anche
del giallo. Le pagine della cultura di molti quotidiani, pronte a ospitare
articoli su James Ellroy o Elmore Leonard, si guardano bene dall'occuparsi di
fantascienza, salvo che nei suoi risvolti di costume, cinematografici o televisivi.
Va anche detto che, mentre gli autori italiani di noir e di letteratura poliziesca
hanno saputo presentarsi sulla scena letteraria uniti, la nostra fantascienza
è rissosa e lacerata da contrasti e invidie. Il genere fantastico italiano non
ha mai avuto l'equivalente di un Loriano Macchiavelli, capace di agire da
catalizzatore. Di conseguenza, la sua influenza è nulla.
A Bologna e in regione c'è qualche editore o scrittore di fantascienza che stimi
particolarmente?
A Bologna certamente Daniele Brolli, un intellettuale raffinatissimo che,
attraverso le sue edizioni Phoenix, ha presentato per la prima volta in
maniera organica tutte le nuove tendenze della fantascienza americana,
inquadrandole in un discorso culturale di grande levatura. Ma il padre di tutti,
il nume tutelare, è il piacentino Vittorio Curtoni. Negli anni Settanta, la sua
rivista Robot rappresentò una svolta nel modo in cui, in Italia, veniva intesa
la fantascienza. Potrei citare altri nomi, ma tra tutti, questi mi sembrano i
più significativi.
Voci incontrollate danno per imminente la chiusura di Urania. Qual'è il futuro
della fantascienza in Italia e dove troveremo le prossime avventure di Nicolas
Eymerich?
Urania non chiude, ma cambia veste. A partire dall'estate, diventerà una
collana di tascabili simile a "I miti", diffusa sia in edicola che in libreria
e nei supermercati. Manterrà però le consuete rubriche, che anzi saranno ampliate.
Eymerich continuerà a imperversare in questo nuovo formato, un po' infastidito
di ritrovarsi tra scatolette e cavolfiori, ma pronto anche lì a sventare trame
sataniche col suo corredo di ferri roventi. Purchè, beninteso, i lettori
continuino a manifestargli il proprio consenso.
Francesco Scalone
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